FILOSOFIA INDIANA  

 

Potrebbe sembrare una grossa presunzione affermare che l'essere umano sia Dio, eppure è proprio questa l'essenza di tutta la filosofia indiana (Advaita Vedānta)1 e del Buddhismo2 (che non è altro che un suo sviluppo conseguente). Ora qui per Dio si intende l'Infinito, l'Energia e Intelligenza Universale, non una forma specifica e umana di Dio. Certamente l'Infinito, per essere tale, cioè “infinito”, “senza limiti”, “dappertutto”, deve necessariamente comprendere ogni cosa che esiste, quindi anche l'uomo, gli animali, le piante e le pietre. Tutto l'universo (o gli universi) contiene in ogni sua singola parte la “totalità” dell'Essere Infinito, altrimenti ci sarebbe qualche area in cui l'Infinito non è tale. Perciò anche l'uomo è Dio, Infinito, totalmente Infinito, da sempre. Solo che non ne è consapevole, perciò crede di essere limitato da questo corpo in cui abita e dalla mente. Questa è la causa di tutte le sue sofferenze. Quando si risveglia da questa grande “illusione”, allora si rende conto di essere sempre stato infinito.

Al contrario di come spesso si concepisce la religione indù (considerata una religione politeista), piena di tante forme di dei e dee, a volte anche molto insolite, il fulcro di questo pensiero filosofico religioso è che esiste un solo Dio e che noi siamo Dio.

Ed è proprio questo il punto di forza di questa concezione del mondo e dell'uomo: ciò che è umano e transitorio e mortale contiene in sé la totalità del Divino, dell'Imperituro e dell'Illimitato.

Gli indiani non considerano ateo colui che non crede in un Dio assiso nell'alto dei cieli, bensì colui che non crede nella divinità del suo stesso essere. Il premio finale non sarà semplicemente la possibilità di “sedere al cospetto di Dio” ma di divenire Dio stesso, di fonderci nel Divino, e tutti, prima o poi lo faremo, senza nessun castigo eterno.

Questo pensiero, che ha le sue radici nell'antica civiltà dei Veda,3 ci prospetta una visione davvero ampia e amorevole di Dio, non come un essere che giudica e condanna, ma come l'incarnazione dell'Amore, un Amore così grande da attrarre a Sé tutti i suoi figli che, dopo tante vite (reincarnazioni), si ricongiungeranno a Lui. Tutto proviene da Dio e tutto torna a Lui.

I Veda sono forse le scritture religiose più antiche del mondo e il loro insegnamento di base è che la vera natura dell'uomo è divina. Dio o il Brahman, (come è di solito chiamata la matrice metafisica di tutto ciò che esiste) è presente in ogni essere vivente. La religione è dunque una ricerca e una conoscenza di sé, una ricerca del Divino presente in ogni individuo. I Veda dichiarano che nessuno ha bisogno “di essere salvato”, perché nessuno non è mai condannato; nel peggiore dei casi, si vive nell'ignoranza della propria vera natura divina.

Il Vedanta riconosce che ci sono molti approcci diversi a Dio, e tutti sono validi. Non importa quale genere di pratica spirituale si conduca, poiché ognuna conduce al medesimo stato di realizzazione del Sé. Così il Vedanta insegna il rispetto di tutte le credenze e si distinguono dalla maggior parte delle altre fedi maggiori per il loro forte incoraggiamento alla tolleranza verso questi diversi sistemi di fede.

 

La tradizione induista

Dare una definizione veritiera di induismo sembra un'impresa azzardata, tanto il concetto è complesso e multiforme. È dunque preferibile passare in rassegna l'induismo attraverso le sue idee e le sue pratiche. L'induismo esiste attualmente su due piani differenti, il primo basato puramente sulla fede e il secondo basato sulla filosofia, anche se spesso i due piani si incrociano.

  • Il piano filosofico

Si contano tradizionalmente sei antiche āstika o scuole di filosofia ortodosse (ortodosse perché accettano l'autorità dei Veda), dette darśana o sad darśana (le sei visioni): Nyāya di Gautama, Vaiséṣika di Kaāda, Sāṁkhya di Kapila, Yoga di Patañjali, Pūrva Mīṁāmsā (o semplicemente Mīṁāmsā) di Jaimini e Uttara Mīṁāmsā (o Vedānta) di Badarāyaa. Le nāstika, o scuole non ortodosse, sono il Jainismo, il Buddhismo e il Chārvakā o ateismo antico classico dell'India che confuta l'esistenza dell'anima o ātman.

  • Il piano della fede

Contrariamente all'opinione popolare, il vero induismo non è né politeista né monoteista, ma è propriamente una religione enoteista.4 Le diverse divinità e Avātara5 adorati dagli indù sono considerati come diverse forme dell'Uno, il Dio Supremo, o Brahman, che adotta per rendersi accessibile all'uomo (si presti attenzione a non confondere Brahman, l'Essere Supremo e fonte ultima di ogni energia divina, con Brahmā il creatore del nostro universo particolare).

 

NOTE:  

1 Un fascio di scuole di una delle sei principali filosofie ortodosse indiane che riconoscono l'autorità dei Veda, esposta alla sua fine secondo il punto di vista che rifiuta la dualità.

2 Una delle due filosofie indiane eterodosse, l'altra è il Jainismo: nonostante la radice vedica, non riconoscevano l'autorità dei Veda.

3 La Scienza sacra costituita da quattro raccolte dette saṃhitā che fanno parte della rivelazione (śruti) e sono considerati di origine divina.

4 Max Müller definì l’enoteismo come credenza nelle singole divinità intesa come culto di un unico dio alla volta. Ricordiamo tra l’altro che enoteismo deriva da henos (= uno) e theos (= dio), e che usò come suo sinonimo anche kathenotheism (da kath’hena = uno a uno).

5 Derivato dalla radice ava-tṛ (discendere), il termine significa letteralmente “discesa”, in modo particolare “discesa di una divinità sulla terra”.

 

Bibliografia: tratta dalla mia tesi ISFIY 2004-2008 "Isvara pranidhana: l'abbandono al Signore"