LA PRATICA DELLO YOGA

Lo Yoga secondo Patanjali è lo Yoga del "citta vritti nirodah", ovvero della "cessazione delle fluttuazioni della mente" o meglio "la cessazione dell'identificazione con le fluttuazioni della mente". E', quindi, uno Yoga in cui la mente, i suoi meccanismi e come uscire da essi sono in primo piano. Patanjali spiega l'origine della sofferenza nell'ignoranza di ciò che è, nell'identificarsi con un 'io che si riconosce nei pensieri contrari e nelle emozioni che vive. Nel secondo libro degli Yoga sutra Patanjali indica la via dell'Asthanga-Yoga, la via yogica più conosciuta in Occidente. Questa introduzione teorico-pratica allo yoga di Patanjali focalizza l'attenzione sulla pratica delle tecniche, come vie sperimentali di accesso alla conoscenza della nostra mente e ad altri stati di coscienza.

 

E' possibile applicare la scienza dello Yoga in tutti gli aspetti della vita attraverso le Asana (posizioni psicofisiche), Pranayama (tecniche di respirazione, controllo ed espansione dell'energia vitale), Mudra (posizioni o gesti che rappresentano la psiche), Bandha (chiusure per canalizzare l'energia), Mantra (suoni armonici e vibrazioni) e Shatkarma (tecniche di purificazione). Tutte queste tecniche purificano il corpo, la mente e i sistemi energetici per preparare il terreno alle pratiche superiori di meditazione e per l'esperienza finale della coscienza cosmica. Gli effetti delle pratiche yogiche durante e dopo la pratica sono attualmente ricercati da scienziati e dottori in tutto il mondo. I loro risultati mostrano che le tecniche dello Yoga sono dei potenti mezzi per ristorare e mantenere la salute fisica e mentale. In un vicino futuro speriamo di vedere una maggiore applicazione dello Yoga in tutte le professioni.

 

Quando s'imparano le pratiche dello Yoga è raccomandata la guida di un insegnante di Yoga qualificato.

 

Asana: è il terzo stadio dello Yoga secondo gli Yoga-sutra di Patanjali. Sono posizioni o posture utilizzate in alcune forme di  Yoga, in particolare nello Hatha-Yoga. Il termine viene tradotto al maschile per convenzione degli studiosi di Sanscrito. La funzione degli Asana è direttamente collegata alla fisiologia indiana, fondata sul sistema sottile. Secondo tale sistema, attraverso l'assunzione di diverse posizioni del corpo, il praticante diviene in grado di purificare i canali energetici (Nadi), incanalare l'energia verso specifici punti del corpo ed ottenere così un notevole beneficio psico-fisico. Gli Asana conosciuti sono alcune migliaia. Ciascuna di esse porta un nome derivato dalla natura (soprattutto animali), o dalla mitologia induista.

Gli Asana vengono spesso integrati con Pranayama, Mudra, Bandha, Mantra, Shatkarma, allo scopo di modificarne o potenziarne gli effetti.

Nella loro esecuzione si cerca di tenere l'allievo il più possibile nell'unità corpo-mente. E' solo in questa unità che ci si può considerare in un asana e, per mantenerla, le indicazioni di Patanjali sono chiare: una posizione stabile e comoda in cui gradualmente si annullano le tensioni. La mente nell'asana è spettatrice consapevole. La durata dell'asana non è più percepita nello scorrerre del tempo, ma solo nell' istante presente.

 

Pranayama: è il quarto stadio dello Yoga, secondo gli Yoga-sutra di Patanjali. E' il controllo ritmico del respiro. Insieme a Pratyahara (ritiro della mente dagli oggetti dei sensi), questi due stati dello Yoga sono conosciuti come le ricerche interiori (antaranga sadhana) ed insegnano come controllare la respirazione e la mente, quale mezzo per liberare i sensi dalla schiavitù degli oggetti di desiderio. La parola Pranayama è formata da Prana (fiato, respiro, vita, energia, forza) e da Ayama (lunghezza, controllo, espansione). Il suo significato è quindi di controllo ed estensione del respiro. Tale controllo si attua durante le classiche quattro fasi:

  • inspirazione (puraka)
  • espirazione (rechaka)
  • trattenimento del respiro (kumbhaka)

Nei testi di Hatha Yoga, in generale il termine kumbhaka (da kumbha: brocca per acqua, calice) è usato per includere le tre fasi di inspirazione, espirazione e trattenimento del respiro. Quando il respiro viene trattenuto dopo una inspirazione, viene chiamato antara kumbhaka (interno, interiore). Quando viene trattenuto dopo una espirazione, viene chiamato bahya kumbhaka (esterno, esteriore). La scelta di giusti modelli ritmici della respirazione profondi e lenti, rafforzano il sistema respiratorio, calmano il sistema nervoso e riducono la bramosia. La mente si libera e diventa un mezzo adatto per la concentrazione. L'emotività influisce sul ritmo del respiro e lo trasforma in rapido, poco profondo e incontrollato. Il controllo del respiro permette il controllo della mente. Dato che lo scopo dello Yoga è calmare e controllare la mente, lo Yogi apprende la tecnica del Pranayama per dominare il respiro, in modo da controllare i sensi, raggiungere così lo stato di Pratyahara e predisporsi per Dhyāna (meditazione).

Il Pranayama si esegue cercando di mantenere l'unità mente-corpo che, con gli Asana, ha iniziato ad instaurarsi; in questo modo si stimola il corpo e il cervello ad attingere a nuove potenzialità iniziando a sperimentare nuovi stati di coscienza.

 

Mudra: letteralmente "sigillo", è un gesto simbolico che in varie religioni viene usato per ottenere benefici sul piano fisico, energetico e/o spirituale. Le mudra sono utilizzate nella pratica Yoga come completamento di alcuni Asana (posizioni) durante le fasi meditative. Le Mudra vengono usate molto nel buddhismo tibetano, anche sotto forma di movimenti, gesti, danze che vanno a completare tecniche, pratiche e meditazioni atte al raggiungimento dell'illuminazione. Le Mudra vengono praticate anche durante le cerimonie come ad esempio nelle cerimonie di iniziazione.

Le Mudra appaiono come semplici gesti o posizioni del corpo, ma in effetti sono tecniche particolari volte a risvegliare Kundalini (l'energia creatrice che dorme in noi e che ha sede alla base della colonna vertebrale) e i centri del corpo sottile detti Cakra.

Le Mudra aiutano l'uomo:

  • a percepire la sua energia interiore;
  • a realizzare verità spirituali;
  • a raggiungere e conquistare una profonda consapevolezza.

Nella pratica del Pranayama (controllo del respiro), ci si serve delle posizioni delle mani per avere un maggiore controllo dell'attività mentale.

Ad ogni esercizio di Pranayama è assegnata una particolare Mudra, che contribuisce a convogliare il prana più intensamente nel nostro corpo.

Nell'Hatha Yoga-Pradipika (uno dei testi base di questa disciplina, scritto presumibilmente nel XV sec.) le Mudra vengono elencate in numero di dieci.

Nella danza invece le mudra sono centinaia e hanno un significato simbolico: gli spettatori leggono il movimento delle mani dei danzatori, come un linguaggio iniziatico.

Nelle mani risiede, secondo le tradizioni occulte, un misterioso potere, tanto che le mudra vengono utilizzate anche per la meditazione e possono produrre effetti molto profondi.

 

Bandha: è un termine specifico dello Yoga che significa "legame", "unire insieme", od anche "afferrare", "prendere". Esprime l'azione del fissaggio posturale eseguito contemporaneamente sia a livello fisiologico sia a livello delle energie interiori localizzate nei Cakra, i centri vitali secondo lo Yoga. Esistono tre diversi livelli corporei in corrispondenza dei quali viene eseguito il cosiddetto fissaggio posturale, Bandha, durante la pratica del Pranayama (esercizio fondamentale dello Yoga e prerequisito per ogni altro tipo di esercizio yogico), 1º, 3º e 5º chakra. Uno degli scopi di questi fissaggi, sempre compiuti sia a livello fisiologico sia a livello energetico, è quello di favorire il flusso dell'energia vitale detta Kundalini dai Cakra più bassi verso quelli superiori.
I fissaggi posturali sono gerarchicamente ordinati da quello fisiologicamente localizzato più in basso verso quello fisiologicamente localizzato più in alto e ciascuno di essi funge da prerequisito al successivo dal momento che le energie interiori (Kundalini) fluiscono seguendo l'asse della colonna vertebrale (Sushumna) a partire dalla loro radice fisiologicamente localizzata alla base degli organi genitali, fino al Cakra più elevato fisiologicamente localizzato alla sommità del cranio.
Esistono quattro esecuzioni dei Bandha, in modo fra di loro separato oppure congiunto: Mula Bandha, Uddhyana Bandha, Jaladhara Bandha, Mahamanda.

 

Mantra: la parola deriva dalla combinazione delle due parole sanscrite manas (mente) e trayati (liberare). In alcune culture e religioni orientali, la pratica del mantra è considerata in grado di liberare la mente dai pensieri.

Sostanzialmente consiste in una formula (una o più sillabe, o lettere o frasi), generalmente in sanscrito, che vengono ripetute per un certo numero di volte (Namasmarana) al fine di ottenere un determinato effetto, principalmente a livello mentale, ma anche, seppur in maniera ridotta, a livello fisico ed energetico.

Esistono moltissimi mantra per gli scopi più diversi; la maggior parte sono in sanscrito, ma ne esistono anche in altre lingue. Il mantra più conosciuto è il mantra Om (AUM).

Il loro uso varia a seconda delle scuole spirituali o delle filosofie Vengono principalmente utilizzati, come amplificatori spirituali, parole e vibrazioni che inducono nei devoti una graduale concentrazione. I mantra vengono utilizzati anche per accumulare ricchezza, evitare pericoli, o eliminare nemici. I mantra hanno origine in India all'interno dell'Induismo Vedico e nel Jainismo, ma sono popolari anche in diverse e moderne pratiche spirituali che si rifanno seppur in modo impreciso alle antiche pratiche delle religioni orientali.

I mantra sono considerati come suoni vibrazionali, a causa della grande enfasi che si pone alla loro corretta pronuncia (grazie allo sviluppo della scienza fonetica, in India, migliaia di anni fa). Il loro scopo è liberare la mente dalla realtà illusoria e dalle inclinazioni materiali. Il processo di ripetizione di un mantra è definito cantilena.

 

Shatkarma: noto anche come Shatkriya , si riferisce alle pratiche Yoga che comportano la purificazione del corpo.

Shatkarma è una parola composta da due elementi: significato shat sei e il significato karma azione o processo. La parola kriya o karma viene utilizzata in Hatha Yoga in un senso speciale riguardante le tecniche di pulizia. Queste pratiche, delineate da Yogi Swatmarama nel Hatha-Yoga-Pradipika, sono:

  • Neti , pulizia nasale.
  • Dhauti , la pulizia del tratto digestivo.
  • Nauli, massaggio addominale.
  • Basti, la pulizia del colon.
  • Kapalabhati, purificazione e vitalizzazione dei lobi frontali.
  • Trataka, fissazione dello sguardo.

 

Teoria del vibrazionale

Il mondo che ci circonda può essere visto come fatto di forme, che analizzando più nel dettaglio sono un insieme di piccolissime parti, che la scienza chiama atomi. Tali parti infinitesimali sono costituiti a loro volta di particelle in movimento, elettroni, in uno spazio vuoto. La scienza ci dice che le forme, e quindi anche noi, sono per lo più fatte di vuoto; che ciò che noi chiamiamo contatto non è altro che una traduzione della nostra mente di una repulsione che avviene a livello atomico come quando due calamite con la stessa polarità vengono avvicinate; che vedere è eccitare le cellule retiniche attraverso fotoni, particelle o onde elettromagnetiche. Allora ciò che noi chiamiamo percezione attraverso i cinque sensi, su cui basiamo la nostra vita, risulta tanto astratta quanto quella che stiamo per introdurre: la percezione vibrazionale. Questo termine significa percepire, del mondo che ci circonda, il campo elettromagnetico che emana ogni forma vivente. E' possibile percepire un oggetto anche solo richiamandolo alla mente, basta aver avuto una volta un contatto con esso. Ma lo Yoga di Patanjali davvero vorrebbe portarci verso tale capacità percettiva? In realtà lo Yoga porta oltre tale capacità, ma essa viene acquisita durante il percorso, ed è preliminare per proseguire nelle pratiche di contemplazione- meditazione. A mio parere tale capacità viene acquisita dopo il Pranayama, cioè nel Pratyahara. Non è propriamente corretto parlare di acquisizione, sarebbe più corretto parlare di risveglio della capacità di percepire il campo elettromagnetico di ciò che ci circonda; infatti tale capacità è naturale; è quella che usano gli animali: provate a guardare un gatto che salta su un tavolino pieno di oggetti e vedrete che posizionerà le zampe esattamente tra un oggetto e l'altro senza rompere niente, come se avesse avuto le coordinate esatte di ogni oggetto sul tavolo, anche senza vederli direttamente. Il gatto si è mosso con il senso corporeo, e non con la mente che gli diceva: "stai attento che potresti rompere qualcosa". Finchè ci muoviamo attraverso la mente e non attraverso le informazioni elettromagnetiche che arrivano al corpo, ci muoviamo nel giudizio, nella paura di ciò che è stato e di ciò che potrebbe essere. La mente è un processo e, perciò, si deve continuamente muovere; di fronte ad un oggetto si muove tra i ricordi di esso, del suo nome e delle associazioni che lo riguardano, oscillando contiunuamente tra ieri e domani, senza prendere realmente contatto con l'oggetto presente. Osho dice che nel momento presente la mente muore perchè non c'è movimento; questo spiega perchè nell'asana, quando si crea l'unità mente-corpo cessano, come dice Patanjali (Yoga Sutra, II, 48), i pensieri contrari, perchè cessa il movimento della mente. Se ci muovessimo nel mondo con il corpo che continuamente informa la mente di ciò che gli arriva, saremmo veramente nel qui ed ora.

LA PRATICA DELLO YOGA SECONDO SRI AUROBINDO

Ci sono tre passaggi secondo Sri Aurobindo nei quali si sviluppa la pratica dello Yoga nel sadhaka, colui che percorre questo sentiero:

- Il primo movimento è quello di riporre tutto nel Divino.

Scrive Sri Aurobindo "Mettetevi con tutto il cuore e tutte le vostre forze nelle mani di Dio. Non ponete condizioni, non chiedete nulla eccetto che in voi e attraverso di voi la Sua volontà sia manifestata direttamente. A quelli che chiedono Dio dà quanto richiesto, ma a quelli che danno se stessi e non domandano nulla, Egli dà tutto ciò che avrebbero potuto chiedere o di cui potevano aver bisogno, ma anche dà Se stesso e offre spontaneamente il Suo amore". Questo è il primo movimento: il dono di sé, incondizionato, senza nessuna richiesta, senza alcun tornaconto personale, abbandonando qualsiasi volontà di conseguimento.

- Continua Sri Aurobindo: " Il movimento successivo consiste nel mettersi da parte e osservare l'opera del potere divino in voi", In questa prospettiva le difficoltà, i problemi che si incontrano durante il percorso vengono vissuti in altro modo rispetto all'atteggiamento di chi ritenga di fare qualcosa, per produrre certi risultati: qui invece non bisogna preoccuparsi o lottare, i risultati non dipendono dai nostri tentativi: l'unico nostro, vero compito è darsi al divino.

- Terza tappa: " Il terzo movimento dello yoga è di percepire tutte le cose come Dio". La divinizzazione dell'intera realtà, la visione mistica dell'universo dello yogi.

Solo che, ovviamente, questo non avviene immediatamente. C'è bisogno di tempo e non poco; c'è bisogno di impegno, tanta costanza, purificazione. Sri Aurobindo ripete spesso che la via del suo yoga non è per tutti, non è facile, non è alla portata di chiunque. Chi ha quella curiosità - propria di molti - di cose sempre nuove, di rivelazione un po' su tutto, di novità, di cambiamenti rapidi, non avrà nessuna possibilità di successo. Ci vuole pazienza e fiducia.