MANTRA

MANTRA YOGA, LO YOGA DEL SUONO, UNA SCIENZA ESATTA - "Il mantra è la chiave per entrare nell'infinito che è in noi".

Introduzione

Mantra dal punto di vista etimologico è composto dal suffisso -tra, usato per formare nomi di strumento, e dalla radice verbale man- che vuol dire pensare, comprendere, immaginare. Letteralmente significa quindi "strumento per pensare". Il Mantra Yoga è una forma di Yoga basata sull'uso dei mantra, "formule" efficaci a vari livelli esoterici. Benché gli stessi Yoga-sutra facciano riferimento ai mantra, dove affermano che i poteri sovrumani (siddhi) possono derivare da nascita, elisir (ausadhi), mantra, ascesi (tapas) o enstàsi (samadhi), tuttavia è solo in ambiente tantrico che si inizia a parlare di una tecnica yoghica fondata sul loro impiego.

 

 

La parola mantra deriva dalla combinazione delle due parole sanscrite manas (mente) e trayati (liberare). Il mantra si può quindi considerare come un suono in grado di liberare la mente dai pensieri. Sostanzialmente consiste in una formula (una o più sillabe, o lettere o frasi), generalmente in Sanscrito, che vengono ripetute per un certo numero di volte (Namasmarana) al fine di ottenere un determinato effetto, principalmente a livello mentale, ma anche, seppur in maniera ridotta, a livello fisico ed energetico. Esistono moltissimi mantra per gli scopi più diversi: la maggior parte sono in sanscrito, ma ne esistono anche in altre lingue. Il mantra più conosciuto è il mantra Om (Aum). In Tibet, molti buddhisti incidono i mantra nella roccia come forma di devozione. Il loro uso varia a seconda delle scuole spirituali o delle filosofie. Vengono principalmente utilizzati come amplificatori spirituali, parole e vibrazioni che inducono nei devoti una graduale concentrazione. I mantra vengono utilizzati anche per accumulare ricchezza, evitare pericoli, o eliminare nemici. I mantra hanno origine in India all'interno dell'Induismo Vedico e nel Jainismo, popolari in diverse e moderne pratiche spirituali che si rifanno seppur in modo impreciso alle antiche pratiche delle religioni orientali. I mantra sono considerati come suoni vibrazionali, a causa della grande enfasi che si pone alla loro corretta pronuncia (grazie allo sviluppo della scienza fonetica, in India, migliaia di anni fa). Il loro scopo è liberare la mente dalla realtà illusoria e dalle inclinazioni materiali. Il processo di ripetizione di un mantra è definito cantilena.

 

Aspetti dei mantra

Un mantra ha due aspetti: il primo è manana, e significa che ciò che si è ascoltato deve penetrare nella mente; il secondo è trania, e vuol dire che qualunque cosa sia penetrata nella mente vi deve essere fermamente stabilita e preservata. I mantra possono essere strumenti di adorazione, preghiera, terapia, avanzamento spirituale, purificazione o di offerta rituale. Essi sono suddivisi in dieci karma (azioni).

  1. Shanti: pace assoluta.
  2. Istambhan: che paralizza.

  3. Mohana: attraente noto anche come Sammoha.

  4. Uchchatan: (che turba) servono a turbare l’equilibrio mentale, aumentano il dubbio, l’incertezza, la paura, le delusione; la persona che ne subisce l’influenza agisce come se fosse posseduta.

  5. Vashikaran: (controllo della coscienza) servono a ridurre in schiavitù; chi ne subisce l’effetto perde capacità di discriminare diventando come una marionetta.

  6. Akarshan: servono ad attrarre persone che vivono lontano.

  7. Jrambhan: servono per cambiare paradigmi di comportamento, chi li subisce si comporta secondo il volere di chi li usa.

  8. Vidweshan: dividono due persone, creano rabbia, odio, gelosia, aggressività reciproche; i comportamenti rimangono invariati cambiano solo quelli in relazione alla persona selezionata.

  9. Pushti: servono per accrescere fama, ricchezza, prestigio, buona volontà, condizione sociale e potere proprio.

  10. Bija (seme): sono mantra di sintesi con un numero limitato di sillabe e sono considerati più potenti degli altri. 

 

I bīja

I bīja ("seme") sono monosillabi che generalmente non hanno un significato semantico, o lo hanno perso nel corso del tempo, ma vanno interpretati come suoni semplici atti a esprimere o evocare particolari aspetti della natura o del divino, e ai quali sono attribuiti funzioni specifiche e interpretazioni che variano di scuola in scuola. Spesso questi "semi verbali" sono combinati fra loro a costituire un mantra, oppure adoperati come mantra essi stessi (bījamantra). Alcuni fra i più noti sono:

  • AUṂ: è il bīja più noto, l'OṂ, comune a tutte le tradizioni. Considerato il suono primordiale, forma fonica dell'Assoluto, è utilizzato sia come invocazione iniziale in moltissimi mantra, sia come mantra in sé. Le lettere che compongono il bīja sono A, U ed Ṃ: nella recitazione A ed U si fondono in O, mentre la Ṃ terminale viene nasalizzata e prolungata fonicamente e visivamente. La recitazione dell'OṂ è molto comune, ed è considerata di grande importanza: numerosi testi citano e argomentano su questo mantra.

  • AIṂ: la coscienza. È associato alla dea Sarasvatī, dea del sapere.

  • HRĪṂ: l'illusione. È associato alla dea Bhuvaneśvarī, distruttrice del dolore.

  • ŚRĪṂ: l'esistenza. È associato alla dea Lakṣmī, dea della fortuna.

  • KLĪṂ: il desiderio. È associato al dio Kama, dio dell'amore, ma rivolto anche a Kālī, la distruttrice.

  • KRĪṂ: il tempo. È associato alla dea Kālī.

  • DUṂ: la dea Durga.

  • GAṂ: il dio Ganapati.

  • HŪṂ: protegge dalla collera e dai demoni.

  • LAṂ: la terra

  • VAṂ: l'acqua

  • RAṂ: il fuoco

  • YAṂ: l'aria

  • HAṂ: l'etere

Nella Yogattatva Upaniṣad i suddetti bīja, corrispontendi ai cinque elementi cosmici, vengono messi in relazione con le "cinque parti" del corpo: dalle caviglie alle ginocchia: terra; dalle ginocchia al retto: acqua; dal retto al cuore: fuoco; dal cuore al punto fra le soppracciglia: aria; da quest'ultimo alla sommità del capo: etere. La recitazione consente di acquisire poteri occulti per queste parti del corpo.

  • SAUḤ: il cuore, simbolo dell'energia divina nella sua origine, seme dell'universo, così come scritto nel Tantrāloka di Abhinavagupta: S è sat ("l'essere"); AU è l'energia cosmica che anima la manifestazione; Ḥ è la capacità di emissione di Śiva. Il mantra simboleggia quindi la manifestazione del cosmo presente in potenza in Dio, la sua immanenza nel mondo.

Infine, i cinquanta fonemi dell'alfabeto sanscrito possono essere utilizzati come mantra essi stessi, singolarmente o variamente combinati; ogni fonema può corrispondere a una divinità. Occorre infatti ricordare che secondo quelle dottrine hindu che considerano il mondo increato, ogni suo aspetto già esiste in potenza nei primordi del suo svilupparsi, fonemi e parole non escluse. La parola oltrepassa qui il campo d'interesse della grammatica o della fonetica, per diventare oggetto di studio metafisico e religioso. È la parola nella sua accezione più ampia, la parola cosmica. Si può quindi comprendere come alcune parole e alcuni suoni possano avere la proprietà di interagire con altri aspetti del mondo. Ed è qui che va colto il senso della potenza dei mantra.

 


 

 

Caratteristiche dei mantra                                   I mantra hanno delle caratteristiche in comune con le formule magiche, ossia di trasmutare in forma di azione il desiderio o la volontà umana. Il Dr. Edward Conze, studioso di Buddhismo, interpreta frequentemente la parola "mantra" come "formula magica". Spesso si ritiene che i suoni orali abbiamo poteri magici, o addirittura siano l'espressione vocale del Divino.

Per gli autori delle scritture Indù delle Upanishad, la sillaba Aum stessa costituisce un mantra, e rappresenta Brahman, il Dio supremo, colui che ha creato l'universo. 

La sola pronuncia corretta di questa sillaba consente l'esperienza diretta di illuminazione, si sperimenta direttamente Dio. Secondo Kukai, importante maestro buddhista giapponese del IX secolo , tutti i suoni siano la voce di Darmakaya Buddha cioè, nei termini del pensiero Yogico e delle Upanishad, questi suoni sarebbero la manifestazione della realtà ultima.

Tuttavia non si deve pensare che questo principio valga esclusivamente per le culture orientali. Le parole hanno comunque un certo potere sulla natura sottile dell'essere umano. Se si accetta anche il collegamento etimologico con la parola "manas", che significa "mente", e "trana", "protezione", allora si desume che il "mantra" sia qualcosa in grado di proteggere la mente. Tuttavia in pratica è stato possibile dimostrare che vanno al di là di una semplice funzione di protezione mentale. Per molte culture le lettere scritte hanno un potere. Le lettere possiedono persino una funzione oracolare.

Invece in India a causa di particolari condizioni storiche la parola scritta è stata sempre considerata nettamente inferiore, come importanza, all'espressione orale. I Bramini erano la casta sacerdotale del popolo Hindù, coloro che conservavano le sacre scritture, inizialmente dei Veda, più tardi anche delle Upanishad. Per anni, solo loro furono a conoscenza dei mantra e delle formule sacre cantate in ogni occasione importante.

Tuttavia, con l'avvento delle scuole Indù di Yoga, Vedanta, Tantra e Bhakti, il mantra è entrato a far parte delle pratiche religiose consuete.

Tale era, in questo contesto, l'influenza della natura elitaria della conoscenza sui mantra, che persino i Buddhisti, che ripudiavano completamente l'idea delle caste e dell'efficacia degli antichi rituali, chiamavano se stessi i shravaka, ossia "gli ascoltatori". In India una persona saggia viene chiamata "un buon ascoltatore".

 

I mantra come suoni archetipali

I mantra sono anche considerati suoni archetipali. Quello che simbolizzano dipende dal contesto e dalla mente della persona che li ripete. Studi sul simbolismo dei suoni hanno dimostrato che i suoni delle vocali hanno un significato se siamo o no di loro consapevoli. Inoltre è possibile svelare un simbolismo situato su più livelli, associato ad ogni suono.

Così, anche se non li conosciamo, i mantra non sono semplicemente l'espressione fonetica di un cerimoniale privo di significato (nessuna espressione vocale è completamente priva di significato), ma vibrazioni, che, ripetute opportunamente, hanno effetti generalmente positivi su mente, corpo e spirito. I mantra hanno un significato specifico a seconda del contesto in cui operano: il mantra "Om" per esempio ha un significato presso gli Indù ed un altro presso i Buddhisti. L'analisi del Kukai, un erudito Buddhista del IX, è rivelatrice.

Mentre il Tantra Indù si soffermava sia sulle lettere che sui suoni come espressione del divino, il Buddhismo itinerante dava maggiore enfasi alla parola scritta. La Cina non possedeva un linguaggio ecclesiastico unificato come il Sanscrito, pertanto realizzarono la loro unità culturale mediante un linguaggio scritto, flessibile nella pronuncia e più mirato nell'espressione dei concetti. Di conseguenza i Cinesi riposero nella scrittura molta più considerazione dei missionari Buddhisti Indiani. Così la scrittura dei mantra divenne una pratica spirituale loro specifica.

Mentre i Bramini ponevano l'attenzione su una corretta pronuncia, i Cinesi, in realtà Buddhisti del lontano oriente erano più interessati alla corretta scrittura. La pratica di scrittura dei mantra, di trascrizione dei testi come pratica spirituale, divenne molto raffinata in Giappone, in cui ebbe un notevole sviluppo la scrittura delle Sutra Buddhiste, attualmente le sole conosciute. Tuttavia anche in India, in molte sette viene praticata la ripetizione scritta in Sanscrito dei mantra.

 

 

I mantra nell'Induismo

I mantra hanno avuto origine dai grandi testi sacri Indù, principalmente i Veda. In questi testi, vere e proprie opere d'arte, la tecnica di scrittura si sviluppa su due righe, dette "sloka", anche se molti mantra vengono eseguiti su una riga singola o persino in combinazione con singole parole.

 

Il mantra fondamentale è Aum, noto nell'induismo come il "pranava mantra", la sorgente di tutti i mantra. Il significato filosofico si fonda sull'idea Indù di "nama-rupa" o del nome-forma, che suppone che tutte le cose, le idee, o le entità presenti nell'esistenza e nel cosmo fenomenologico, hanno un nome e una forma di qualche genere. Il nome-forma della vibrazione primordiale Aum è la prima manifestazione "nama-rupa" di Brahman, la realtà immanifesta.

Prima dell'esistenza e al di là dell'esistenza l'unica sola realtà era Brahman, e la sua prima manifestazione nell'esistenza è Aum. Per questa ragione Aum viene considerato il mantra più potente e fondamentale, spesso usato come prefisso e suffisso in tutte le preghiere Indù.

Mentre alcuni mantra invocano specifici Dei o principi, i più importanti tra i mantra, come l'Aum, il Shanti, il Gayatri, ed altri focalizzano colui che li pronuncia sulla realtà ultima delle cose.

Nel tantrismo Indù, l'universo è suono. Il supremo (para) causa l'esistenza attraverso la Parola (Shabda). La Creazione consiste di vibrazioni di varia frequenza e ampiezza che danno luogo ai fenomeni del mondo.

Le vibrazioni più pure, sono le Varna, scritture imperscrutabili, a noi rivelate, imperfette sia nella forma che nel suono. Le Varna sono gli atomi del suono. Una complessa e simbolica associazione si forma tra le lettere, elementi, Dei, Segni dello Zodiaco, parti del corpo, lettere che acquisiscono forza e si arricchiscono di significati, grazie a queste combinazioni. Per esempio nelle Aitrareya-aranya-Upanishad troviamo: "Le consonanti mute rappresentano la terra, le sibilanti il cielo e le vocali il paradiso. Le consonanti mute rappresentano il fuoco, le sibilanti l'aria, le vocali il sole? Le consonanti mute rappresentano gli occhi, le sibilanti le orecchie, le vocali la mente".

In effetti ogni lettera diventa un mantra e il linguaggio dei Veda, in Sanscrito, corrisponde profondamente alla natura delle cose. Così i Veda rappresentano simbolicamente la realtà stessa. La sillaba primordiale Om, rappresenta l'unità fondamentale della realtà: Brahman.

 

 

Japa

Japa, ripetizione, è una pratica consueta nell'induismo, che consiste nella ripetizione continua di mantra, di solito in cicli di multipli di tre, il più popolare dei quali è il 108. A questo scopo viene utilizzato usano il mala, un rosario composto da 108 grani e da un grano principale chiamato "meru".

I devoti eseguono la japa utilizzando le il pollice ed il medio della mano destra e recitando, per ogni grano, il mantra scelto. Una volta raggiunte le 108 ripetizioni, se si desidera continuare con un altro ciclo di japa, il devoto deve tornare indietro senza attraversare la perla "meru" e ripetere.

Si dice che attraverso il japa i devoti siano i grado di raggiungere un'estrema focalizzazione sulla divinità scelta o sul principio del mantra. Le vibrazioni, i suoni e gli echi del mantra sono considerati estremamente importanti, in quando si suppone, secondo le diverse scuole di pensiero Indù, siano in grado di risvegliare il prana o vita spirituale, e persino di stimolare l'energia dei chakra.

Qualsiasi sloka tratta da Testi Sacri induisti come i Veda, le Upanishad, la Bhagavad Gita, lo Yoga Sutra e persino dal Mahabharata e dal Ramayana è considerata abbastanza potente da essere ripetuta con grande effetto, e quindi possedere lo status di mantra.

Un mantra è generalmente è formato dal nome di una divinità che viene salutata in questo modo: "Aum namah...", "Aum namo...", oppure, "Aum Jai ( Gloria!)..." o con altre combinazioni diverse. Per esempio: "Aum namah Shivaya" (Aum, mi arrendo a Te, Shiva ), "Aum namo Narayanaya (mi inchino a Te, Narayana); oppure "Aum Namo Bhagavate Vasudevaya", (Saluto universale al Dio Visnhu), "Aum Shri Ganeshaya Namah" (Aum, mi arrendo al Signore Ganesh), e "Jai Ma Kali" e "Aum Hrim Chandikayai Namah" (mantra di Devi).

 

 

Alcuni mantra Induisti

Uno dei mantra più rappresentativi della tradizione induista è il celebre Gayatri mantra:

 

Om Bhur Buvah Svah

Tat Savitur Varenyam

Bhargo Devasya Dhimahi

Dhiyo Yo Nah Pracodayat  

Questo mantra è considerato il più universale di tutti i mantra Indù, un'invocazione a Brahman come principio di tutta la conoscenza e creatore del Sole primordiale, una preghiera al "Sole dell'intelletto" affinché illumini e disperda le tenebre dell'ignoranza.

 

Asato ma sat gamaya - Guidami dall'Ignoranza verso la Verità

asato ma sat gamaya

tamaso ma jyotir gamaya

mrityor-ma amritam gamaya

Om shanti shanti shantih

"Guidami dal non-essere all'essere, guidami dall'oscurità verso la luce, guidami dalla morte all'immortalità".

 

Il mantra Hare Krishna

Sono famosissimi i mantra dedicati alle upaniṣad Kali-Santarana, ritenuti molto potenti. Tra tutti, uno dei più noti è il mantra Hare Krishna:

 

Hare Krishna Hare Krishna Krishna Krishna Hare Hare

Hare Rama Hare Rama Rama Rama Hare Hare

 

È composto dai nomi attribuiti a Dio dalla tradizione vaishnava: Krishna e Rama e da Hare, l'energia (shakti) divina. Il mantra Hare Krishna venne diffuso da Caitanya Mahaprabhu, mistico e santo bengalese del XV secolo, come l'unico metodo di preghiera dell'era attuale (Kali Yuga). Quando A.C. Bhaktivedanta Swami Prabhupada creò l'ISIKON, in inglese International Society for Krishna Consciousness, in italiano Società Internazionale della Coscienza di Krishna, un movimento religioso Vaishnava dell'India dell'Ovest, definì il mantra "Hare Krishna" come l'unico in grado di portare il devoto verso la moksha (Liberazione dal Samsara, o ciclo di nascite e morti) e di risvegliare la Coscienza di Krishna (nella filosofa Vaishnava, l'eterno sentimento che lega l'anima individuale jiva a Dio); per questo è chiamato anche Maha mantra (Grande mantra). In Occidente il movimento di Prabhupada è più comunemente conosciuto con il nome di Hare Krishna.

 

Mantra della vittoria sulla malattia e la morte

Mritunjaya Mantra

Om Tryambakam yajamahai

Sugandhim pusti vardhanam

Urvarukamiva bandhanat

Mrityormuksiya mamritat

Offriamo preghiere a Tryambakam (aspetto guaritore di Shiva), affinché ci liberi dai legami della nascita e della morte, le malattie e la morte non vengano a noi”.

 

Il mantra Shanti

Om saha naavavatu

Saha nau bhunaktu

Saha viiryan karavaavahai

Tejasvi naavadhiitamastu

Maa vidvishhaavahai

Om shaantih shaantih shaantih

Insieme nell'imparare, accettiamoci per quello che siamo. Insieme acquistiamo forza ed energia, sempre chiaro sia il nostro capire, uniti gli uni agli altri. Om pace, pace, pace, pace”.

 

Oppure:

Possa entrambi proteggerci. Possa nutrici insieme. Possa lavorare insieme con grande vigore. Possano i nostri studi essere illuminati. Possa nessun ostacolo sorgere tra di noi. Om pace, pace, pace, pace”.  

Yajurveda Nero Taittiriya Upanishad 2.2.2

 

Preghiere Universali  

Sarvesham Svastir Bhavatu

Sarvesham Santir Bhavatu

Sarvesham Purnam Bhavatu

Sarvesham mangalam Bhavatu

Auguro il bene a tutti, auguro la pace a tutti, auguro a tutti di vivere per la perfezione, e possano tutte le esperienze essere di buon auspicio”.

 

Sarve Bhavantu Sukhinaha

Sarve Santu ṇiramayaha

Sarve Badrani Pasyantu

ma Kascidh-dhuhkha Bhaga-Bhavet

Om, Siate tutti felici. Siate tutti in buona salute. Auguro a tutti buone esperienze senza far soffrire nessuno. Om, pace, pace, pace”.

 

Il mantra Indù bija

Nell'Induismo il concetto di mantra come suono mistico fu traslato, come logica conclusione, nel concetto di "seme" o bija mantra che non ha un significato preciso, ma sono concepiti per evocare, attraverso le loro connessioni vocali, a diversi principi spirituali. Per esempio: la devozione alla Madre Divina, Kali, nella forma di mantra, è abilmente sintetizzata nel potente mantra bija, nella tradizione Shakta dell'Induismo:

Aum Kreeng Kreeng Kreeng Hoong Hoong Hreeng Hreeng

Dakshina Kalike

Kreeng Kreeng Kreeng Hoong Hoong Hreeng Hreeng Swaha

Naturalmente il più venerato tra tutti i mantra bija vi è l'Om/Aum.

I bija mantra fanno parte della conoscenza monistica, che pur riconoscendo la manifestazione multiforme, deriva comunque un unico principio.

 

I mantra nel Buddhismo

Il Buddhismo, dopo la società Vedica, ha sviluppato un suo sistema di conoscenza dei mantra, che è comunque molto simile a quello Induista, ma possiede caratteristiche proprie.

 

 

I mantra nel Buddhismo Shingon

L'erudito del Buddhismo Kukai ha proposto una teoria generale del linguaggio basata su due forme di linguaggio rituale: il Dharani e il mantra. Il mantra è riservato a pratiche esoteriche Buddhiste, mentre il Dharani è presente sia nei rituali esoterici che in quelli essoterici. Il Dharani lo possiamo trovare, per esempio, nel Cànone Pali. Il Kukai ha inoltre coniato la parola " Shingon" per tradurre in giapponese la parola mantra.

La parola Dharani deriva dalla radice Sanscrita dhr il cui significato è "tenere", o "mantenere". Ryuichi Abe suggerisce che tale parola possa venire utilizzata come dispositivo mnemonico che incapsula il significato o di una sezione o di un capitolo o di una sutra. I dharani vengono anche utilizzati, nella quotidianità, per proteggersi dalle influenze maligne e dalle calamità.

Un mantra viene anche utilizzato come dispositivo linguistico in grado di consentire e di approfondire la riflessione interiore, o, in un contesto Buddhista, di sviluppare la possibilità di un'esperienza diretta di illuminazione. Tuttavia i mantra sono stati usati anche come parole magiche, per scopi mondani, per ottenere salute, lunga vita, ed eliminare i nemici.

 

 

Distinzione tra dharani e mantra

È difficile fare distinzione tra dharani e mantra. Si può affermare che tutti i mantra sono dharani, ma che non tutti i dharani sono mantra. I mantra tendono alla brevità; entrambi tendono a contenere un numero di frammenti sonici creduti incomprensibili e privi di significato, come Om, o Hum. Il Kukai considera i mantra una classe speciale di dharani che rivela ogni sillaba di un dharani, quale manifestazione della vera natura della realtà, in termini Buddhisti, in cui tutti i suoni sono una manifestazione di shunyata o vacuità. Quindi il Kukai ribalta il concetto e suggerisce che i dharani siano in realtà saturi di significati, dove ogni sillaba assume, in realtà, un profondo significato simbolico su piani differenti.

Uno dei contributi distintivi del Kukai fu infine quello di dimostrare che queste associazioni simboliche non differiscono in modo sostanziale dal linguaggio ordinario. Se si conosce il funzionamento dei mantra, qualsiasi suono potrebbe rappresentare praticamente la realtà ultima.

 

La kana e i mantra

Sempre per il Kukai, l'enfasi data ai suoni era uno dei capisaldi per il campionamento del sistema fonetico di scrittura giapponese, la kana, adottata ai tempi dello stesso Kukai, che venne generalmente accreditato come il suo inventore, ma fra gli eruditi vi sono molti dubbi. La sua teoria si fonda sull'ipotesi che i mantra ebbero un potente effetto sul pensiero della società Giapponese, dominato fino a quel momento sia dalla cultura Cinese, nella forma del Cinese Classico, usato nelle corti e tra i letterati, che dal Confucianesimo, l'ideologia politica allora dominante.

In particolare fu in grado di usare la nuova teoria sul linguaggio per creare un collegamento tra la cultura Giapponese e il Buddhismo. Per esempio tra il Buddha Mahavairocana e lo Shinto dio del sole Amaterasu, dato che si pensava che l'imperatore discendesse da Amaterasu, Kukai fu in grado di trovare un potente collegamento tra l'imperatore e Buddha, e di conseguenza il modo di integrare lo Shinto con il Buddhismo, cosa che non riuscì al Confucianesimo, e lo fece attraverso il linguaggio, e i mantra. Kukai fu di grande aiuto nello spiegare i mantra in un modo mai tentato prima: fondamentalmente si domandò cosa è un testo, in che modo funzionano i segni, e soprattutto, di quale linguaggio si tratta, anticipò la moderna teoria dello strutturalismo, anche se giunse a conclusioni molto differenti.

 

L'origine di tutti i suoni

In questo sistema di pensiero tutti i suoni originano dalla "a" (la a breve della parola padre). Per il Buddhismo esoterico la vocale "a" possiede una funzione speciale essendo associata con il shunyata o con l'idea di vocale neutra, dove assume significati diversi. In Sanscrito la vocale "a" viene utilizzata quale prefisso in grado di modificare il significato di una parola nel suo opposto: per esempio: "vidya" significa conoscenza, e "avidya" è ignoranza, (lo stesso espediente è stato utilizzato in molte parole greche, per esempio "ateismo" contro "teismo", e "apatia" contro "pathos"). La stessa lettera a viene visualizzata nelle sacre scritture Siddham e pronunciata in rituali e pratiche di meditazione. Nei Mahavairocana Sutra centrale per il Buddismo Shingon si dice: “Rendete grazie al voto originale del Buddha e del Bodhisattva, una forza miracolosa risiede nei mantra, cosi, colui che li pronuncia acquisisce meriti senza limiti" [Conze ,p.183]...

 

I mantra nel Buddhismo Indo-Tibetano

Edward Conze distingue tre periodi nell'uso Buddhistico dei mantra. Inizialmente seguendo gli Indiani, i Buddhisti usavano i mantra per proteggersi dalle influenze maligne.

Nonostante ai monaci Vinaya fosse proibito utilizzare mantra Brahminici per ottenere beni materiali, vi era sempre qualche monaco che trasgrediva e li usava a fini magici. È particolare il caso del mantra Ratana Sutta, la cui efficacia dei versi sembra evocare il concetto di "Verità". Ogni verso della sutta finiva con: "dalla virtù di questa verità, possa essere felice".

I mantra storicamente successivi avevano la funzione di custodi della vita spirituale del cantore. Questi mantra possiedono sezioni di sutra Mahayana dette anche sutra del loto bianco e Lankavatara Sutra. Lo scopo di avere protezione è cambiato con il tempo. Nella Sutra della luce d'oro i Quattro grandi Re promettono di esercitare la sovranità sulle diverse classi di semidei, per proteggere l'intero Jambudvipa (il subcontinente indiano), i monaci che declamano i sutra, e i re che sponsorizzano i monaci. Apoteosi di questo tipo di approccio si trovano nella scuola Nichirem Buddhista, fondata nel XIII secolo in Giappone, il cui distillato di tutte le pratiche Buddhiste si concretizza nella venerazione del Sutra del Loto attraverso la recitazione del daimoku: "Nam myoho renge kyo" che tradotto significa all’incirca: “Dedico la mia vita alla mistica Legge del Sutra del Loto”.

Durante la terza epoca, circa nel 7° Secolo, il mantra viene utilizzato come veicolo di salvezza e di insegnamento. La filosofia Tantrica ebbe un forte sviluppo tra il VI e il VII secolo, mentre la specifica forma Buddhista fa la sua apparizione verso l'inizio del 300 a.C.. Il primo nome dato al comune mantra Vajarayna era Matrayana che fa presagire l'importanza che i mantra assumeranno all'interno del Buddhismo Indo-Tibetano.

 

La pratica Vajrayana

La pratica Vajrayana fornisce un valido aiuto a chi desidera raggiungere l'esperienza diretta di illuminazione, di sperimentare l'autentica realtà delle cose. Qui i mantra svolgono la funzione di simbolo dei diversi aspetti di questa realtà (per esempio la saggezza o la compassione). Ogni mantra è associato ad una particolare divinità; l'unica eccezione è il mantra Prajnaparamita che è associato al Sutra del Cuore.

Una delle strategie chiave dei mantra Vajrayana al fine di realizzare l'esperienza diretta di illuminazione è quello di assorbire nella pratica l'intero organismo psicofisico. Secondo i Buddhisti ogni persona è formata di corpo, mente e parola. Così un tipico sadhana o pratica di meditazione deve comprendere delle mudra, che consistono in simboliche posizioni delle mani, fino al raggiungimento di una completa prostrazione fisica; la recitazione dei mantra; ed infine tecniche di visualizzazione di esseri celestiali e delle parole del mantra che si sta recitando. Colui che medita deve visualizzare le parole di fronte a sé, o all'interno del proprio corpo. Le può pronunciare o a voce alta, o solo mentalmente.

 

Om mani padme hum

Probabilmente il più famoso mantra Buddhista è Om mani padme hum. Sono le sei sillabe del mantra del Bodhisattva Avalokiteshvara della compassione è chiamato in Tibetano Chenrezig, e in Cinese: Guanyin. Questo mantra è associato in modo particolare alla forma a quattro braccia chiamata Shadakskari di Avalokiteshvara, e che viene in particolar modo utilizzato dai suoi devoti. Donald Lopez elenca diverse interpretazioni di questo mantra nel suo libro: “Prigionieri di Shangri-la: Il Buddhismo Tibetano e l'Occidente”. Il Lopez è uno scrittore autorevole, la sua è una sfida all'analisi stereotipata del mantra nel consueto significato di "Gioiello del Loto", un'interpretazione che non è supportata né da analisi linguistica, né dalla tradizione Tibetana, essendo il tipico approccio Orientalista dell'Occidente all'oriente 'esotico'. Il Lopez suggerisce inoltre, che Manipadma è attualmente il nome del Bodhisattva nella forma di Avalokiteshvara, avente molti nomi, e, in alcuni casi comprendente Padmapani o fiore di loto in mano. L'insistenza dei Brahmini sulla assoluta corretta pronuncia in Sanscrito viene interrotta nel momento in cui il Buddhismo si espande negli altri paesi dove gli abitanti non sono in grado di riprodurre correttamente i suoni. Così, per esempio, in Tibet, dove questo mantra è sulle labbra di molti tibetani al momento del risveglio, viene pronunciato come: "Om mani padme hum".

 

Altri mantra utilizzati dai Buddhisti Tibetani

La seguente lista di mantra è tratta dal Kailash - Jurnal of Himalayan Studies, Vol. 1, Num. 2, 1973, pp. 168-160, comprende diverse versione del mantra Om mani Padme Hum. Notare come, in questo mantra, la parola swaha sia qualche volta scritta svaha, e di solito pronunciata dai tibetani so-ha. La pronuncia varia nella translitterazione in inglese; per esempio: hum e hung, generalmente sono la stesa parola. I mantra usati nella pratica dai Buddhisti Tibetani sono in Sanscrito, al fine di mantenerne l'efficacia originaria, mentre la visualizzazione dei simboli e altre pratiche sono di solito fatte in Tibetano.

  • Om wangishwari hum. Questo è il mantra del Mahabodhisattva Manjusri, in Tibetano: Jampelyang Wylie "'jam dpal dbyangs'" ... Il Buddha nella sua saggezza.

  • Om mani padme hum, è il mantra di Chenrezig, Mahabodhisattva, Il Buddha nel suo aspetto compassionevole.

  • Om vajrapani hum. Il mantra del Buddha quale protettore degli Insegnamenti Segreti: come il Mahabodhisattva Channa Dorje (Vajrapani).

  • Om vajrasattva hum. La versione più breve del mantra di Vajrasattva. Esiste anche una versione avente più di 100 sillabe.

  • Om ah hum vajra guru pema siddhi hum. Il mantra del Vajraguru Guru Rimpoche che introdusse in Tibet, il Buddhismo Mahayana e il Buddismo Vajrayana.

  • Om tare tuttare ture swaha. Il mantra di Jetsun Dolma o Tara (Bodhisattva), La Madre del Buddha.

  • Om tare tuttare ture mama ayurjnana punye pushting svaha, il mandra di Dolkar o Tara Bianca, un'emanazione di Tara (Bodhisattva) che rappresenta salute e lunga vita.

  • Om amarani jiwantiye swaha. Il mantra del Buddha per una vita libera dai propri limiti: Il Buddha Amitayus (Tibetan Tsépagmed) nella sua forma celestiale.

  • Om dhrum swaha. Il mantra purificatore della menteNamgyalma.

  • Om ami dhewa hri. Il mantra del Buddha Amitabha (Hopagmed del Buddhafield Occidentale, la cui pelle è dello stesso colore del sole nascente).

  • Om ah ra pa tsa na dhih Il mantra dalla "voce dolce", Jampelyang (Wylie, "'jam dpal dbyangs") o Manjusri, il Buddha nella sua saggezza.

  • Hung vajra phat. Il mantra del Mahabodhisattva Vajrapani nella sua forma irascibile.

  • Om muni muni maha muniye sakyamuni swaha. Il mantra del Buddha Sakyamuni, il Buddha storico.

  • Om gate gate paragate parasamgate bodhi swah. Il mantra del Cuore della Perfezione, del Sutra della saggezza.

 

I mantra in altre tradizioni o contesti

La Meditazione Trascendentale, conosciuta semplicemente come 'MT', utilizza dei semplici mantra per focalizzarsi sulla meditazione. l' MT è stata fondata da Maharishi Mahesh Yogi. Secondo la MT, la pratica può essere di beneficio in diversi aspetti della vita: nelle relazioni, nella riduzione dello stress, nella salute, nell'autostima; ma ne può beneficiare anche il mondo intero attraverso la riduzione della violenza, del crimine, sostanzialmente migliorando la qualità della vita. Il fondatore era esperto della tradizione Indù, ma la MT è un tentativo di adattare ai tempi moderni una forma di meditazione separandola dalla tradizione. In questo contesto vengono utilizzate per mantra solo due sillabe.

I mantra sono stati praticati entusiasticamente anche da diversi gruppi New Age. Tuttavia la loro applicazione fuori da un contesto tradizionale e dal punto di vista del religioso Indù o del praticante Buddhista, manca di profondità. La sola ripetizione di sillabe può avere un effetto calmante sulla mente, ma i tradizionalisti affermano che i mantra possono cambiare effettivamente il livello della nostra consapevolezza solo se vengono utilizzati attraverso la pratica tradizionale.